Recensione del nuovo album del produttore britannico PJPVD che ci regala “How Am I Not Myself?”, un disco denso di riferimenti all’underground di fine millennio. L’album, uscito il 4 gennaio, è la seconda release dell’etichetta indipendente berlinese last riot rec.
Le mode tornano, si sa, e i gusti musicali pure. Il 2022 da poco concluso ci ha regalato la ristampa di uno dei dischi per molti versi culto dell’underground anni ‘90. A qualche fan della vecchia guardia sarà anche scesa una lacrimuccia nel mettere la puntina sul Side A di “Artificial Intelligence” dopo ben 30 anni. La reissue, omaggiata per l’occasione dal mix degli Autechre, è stato un chiaro segnale dell’ottimo stato di salute del sound di fine millennio.
Se AI rappresenta, a detta di molti, l’atto di fondazione ufficiale dell’IDM, quel genere – più volte travisato – è oggi più vivo che mai. L’ultimo, in ordine di apparizione, scintillante esempio ci arriva con “How Am I Not Myself?”, nuova fatica del producer Tom Wallace aka PJPVD. L’album è un concentrato di riferimenti agli stilemi portati in auge dagli stessi Autechre, da Aphex Twin e da label come Warp, Rephlex e Planet Mu.

Pope John Paul Van Damme (per questo sta l’acronimo) condensa in 8 tracce una marea di omaggi non solo all’IDM, ma anche alla techno, al breakcore e all’ambient. Il disco, pur mantenendo un suo umore di fondo, garantisce il giusto tasso di variazioni interne. La prima traccia è “Say No To Yes” che parte con una ritmica spezzata e raccoglie in pochi minuti sonorità e melodie marcatamente acide.
Dai toni più UK garage e jungle è invece “History Slinks Downwards”, fra cenni tribali e sample evocativi. Procedendo nell’ascolto si ha come la sensazione di sprofondare in un clima sempre più spettrale. “My Heart Was Deep Space and My Head Was Maths” è un pezzo quasi da hauntology music. I ritmi accelerati e le lunghe note ovattate creano un effetto di piacevole straniamento.
Gli umori malinconici di “Idle Warrios” sono resi da bassi oscuri e abbondanti glitch che culminano in un climax degno del miglior Squarepusher. La ritimica zoppicante di “Everything Was Good Nothing Hurt” si fa via via più decisa lambendo paesaggi vicini alla psichedelia. Clima che si mantiene pure in “This Is The Girl” , un trip ambient allucinogeno dove un pianoforte distorto fa da padrone.
Avvicinandosi alla conclusione incontriamo “A Relic Of Something Nine Tenths Collapsed” e il suo incedere squisitamente trip hop. Atmosfere rarefatte, quasi piovose, sono impreziosite dai riverberi su un lungo sample vocale. “An Overture To Illumination” fa da summa all’intero disco: un incipit ambient apre all’esplosione della batteria fra saturazioni glitch e noise.
Con il suo disco PJPVD raccoglie con maturità ed eleganza l’eredità dei padri fondatori dell’IDM. Qualche copia fisica di “How Am I Not Myself?” è ancora disponibile su Bandcamp e altri store digitali. L’album è uscito in versione digitale il 4 Gennaio sull’etichetta indipendente di Berlino last riot rec.
