Ogni fine è un inizio - Relative

Ogni fine è un inizio – Relative

Nell’intervista a Simone Guerra (Relative) il dj, produttore e fondatore dell’etichetta Flexi Cuts racconta il suo ultimo album. Un intimo spartiacque fra un passato che non esiste più e un futuro da costruire insieme.

Cominciamo parlando del tuo ultimo lavoro “Soul Searching [Album Works 2015-2021]”

L’album è uscito il 5 novembre sulla mia etichetta Flexi Cuts. La storia dell’album ce l’ho in testa da un sacco di tempo: infatti è un lavoro che raccoglie brani che ho realizzato negli ultimi 6-7 anni.
Quando ero più giovane avevo la foga di far uscire roba in continuazione, il che però si rivela un errore dal punto di vista artistico. Si chiama “Album Works” proprio perché, ascoltando gli 11 brani, mi sono reso conto che suonavano bene insieme e ho deciso di pubblicarli in un album. La title track “S Searching” è un brano che mi piace molto. Una traccia a metà tra house e techno che, nonostante l’abbia prodotta quasi 8 anni fa, sta benissimo con la musica che faccio adesso.

Nella musica la chiave è sempre il cambiamento. Anche la ricerca è stata continua, da lì il titolo dell’album “Soul Searching”.

Ogni traccia del tuo album ha un suo stile e mood peculiari, pur essendo nel complesso tracce orientate al dancefloor.

Le tracce hanno quasi tutte un’attitudine dancefloor perché le ho prodotte con strumenti fatti apposta per questo tipo di musica. Ad esempio “Put Your Gloves On” è un inedito che suona bene con una traccia fatta 5 anni fa perché hanno gli stessi suoni e le stesse batterie elettroniche. Sento molta differenza da quando ho smesso di usare i campioni e ho iniziato a campionare con l’MPC. Si torna alla concezione generale dell’album, che per me è la fine di un periodo. Del resto una fine è sempre un inizio: infatti nella traccia finale “In the Future” si sente già il mio nuovo suono.

E su che lidi ti sposterai?

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Su un’artigianalità nella musica. Sia “In The Future” che la traccia che ho fatto per il progetto Buena Onda hanno il vocoder, un arrangiamento meno da dancefloor e contengono campionamenti trovati qua e là. Non c’è più la batteria in quattro preponderante nel pezzo, c’è tanto pianoforte, e un suono più caldo e più morbido diciamo.

Con il progetto live dei Club Soda abbiamo pubblicato un album e un Ep che sono stati l’occasione per confrontarmi anche con dei musicisti. Questo processo aiuta tanto ad avere dei giusti equilibri tra i suoni. Per me fare la musica elettronica dal vivo è quasi più bello che fare il dj e l’ho scoperto attraverso questo progetto. Nelle prossime cose che farò cercherò sicuramente di coinvolgere dei musicisti.

Oltre alla tua etichetta gestisci anche un negozio di dischi, Flexi. Come è cambiato il lavoro negli ultimi anni, specialmente con il Covid?

Flexi è un negozio molto strutturato. L’ha aperto mio papà quasi 40 anni fa e tuttora lo conduce lui. Io mi divido tra un’altro lavoro, la musica e il negozio dove do una mano in tutto quello che è eventi, newsletter, novità, etichetta, e associazione culturale 12 pollici social club.
La verità è che se il negozio non fosse stato ben strutturato, non avrebbe superato la crisi del Covid. Anche l’online ci ha dato una grossa mano, tramite Discogs. Flexi è impostato come una super consulenza e fidelizzazione di chi viene e si fida di quello che gli facciamo ascoltare.

Il Covid e altri fattori hanno cambiato un po’ le carte in tavola, accelerando alcune dinamiche che erano già presenti. Quando avevo 20 anni si andava in negozio il venerdì pomeriggio per ascoltare le novità del venerdì. I dj compravano i dischi che poi suonavano la sera stessa. Adesso non c’è più quel business, ma rimane la continua ricerca e il lavoro di consulenza.

È importante anche creare un filo diretto con alcune etichette o, come è successo a Camporella, partecipare a eventi in cui riesci ad avere un buon margine. Così si eliminano in parte i distributori più grossi e si lavora sulla nicchia della nicchia. Un’altra strategia è comprare poco, quello che riesci a vendere, e al massimo dischi su ordinazione. Puntiamo molto anche sull’usato e il reparto di Flexi è improntato sulla musica Black, di cui mio babbo è appassionato e ha strutturato tutta la proposta di qualità del negozio: Philly sound, Afro, il soul e la Motown. Da li poi si è costruito tutto il filone che arriva fino all’Acid Jazz e chiaramente all’House.

Su un’artigianalità nella musica. Sia “In The Future” che la traccia che ho fatto per il progetto Buena Onda hanno il vocoder, un arrangiamento meno da dancefloor e contengono campionamenti trovati qua e là. Non c’è più la batteria in quattro preponderante nel pezzo, c’è tanto pianoforte, e un suono più caldo e più morbido diciamo. Con il progetto live dei Club Soda abbiamo pubblicato un album e un Ep che sono stati l’occasione per confrontarmi anche con dei musicisti. Questo processo aiuta tanto ad avere dei giusti equilibri tra i suoni. Per me fare la musica elettronica dal vivo è quasi più bello che fare il dj e l’ho scoperto attraverso questo progetto. Nelle prossime cose che farò cercherò sicuramente di coinvolgere dei musicisti.

Ingolosire il pubblico non è semplice. Succede che compri un disco che ti piace, ma che poi non si caga nessuno. Magari lo lasci li a fermentare 5-6 mesi in cui non si vende e poi alla fine tocca ricomprarlo. Succede anche con dischi che non diresti mai. Le mode girano anche nei paesi piccoli come Lugo.

C’è della musica che hai ascoltato di recente che ti ha colpito?

Premetto che per fare ricerca ci vuole davvero tanto tempo, metodo e attitudine. Vero è che ascoltare musica aiuta tanto anche a produrre musica perché il primo passo è sempre l’ascolto. Io paradossalmente ascolto tanta musica quando vado a sentire qualcuno suonare. In casa ascolto abbastanza, ma non a sufficienza. Quando riuscirò a sedermi di nuovo in studio avrò degli ascolti da fare. In più io sono abbastanza integralista e penso che i metodi di ascolto di oggi, come Spotify, siano fuorvianti.
Ultimamente mi piace molto la scena house sud-africana, c’è un’etichetta molto forte che si chiama “Stay True Sounds” di Kid Fonque, che propone un suono molto fresco, sono anche ovviamente un grande ascoltatore e supporter della scena italiana ovviamente, Hell Yeah, Buena Onda (su cui ho una traccia in uscita), Bosconi, Archeo Recordings e tante altre che al momento sto sicuramente dimenticando.

Hai degli artisti a cui ti ispiri?

Io sono un grandissimo amante di Kink, da quando ancora faceva i live con le prime macchine e strrumenti provenienti dall’est Europa (tanzbar etc). L’ho sentito un paio di volte live e credo che nonostante ora sia veramente sul podio, rimanga ancora molto coinvolgente e “umano”. La sua attitudine mi rispecchia abbastanza. Mi piace molto Nicolas Jaar, anche nel suo progetto Darkside e Lone, JImpster e tutto il filone inglese di quella scuola li. Alcuni artisti notevoli francesi come Fasme, Secret Value Orchestra.Italiani sicuramente la musica di Gigi Masin, Lorenzo Nada nei suoi diversi progetti musicali, Deep88, Tengrams, Fabio Monesi e tantissimi altri che ovviamente dimentico.

Qual è la filosofia dietro alla tua etichetta Flexi Cuts?

Dopo il lockdown, quando ho cominciato a racimolare le prossime uscite per Flexi, ho capito che un’etichetta deve promuovere musica buona, che non è per forza quella che fai tu. Conosco artisti che stampano la loro musica sulla propria etichetta: questo ti permette sicuramente di avere una buona promozione e può darti ragione se sei bravo. Io mi sono accorto che non ho tempo di produrre tutta questa musica e non sempre credo sia musica che valga davvero la pena di essere prodotta.


In più ho scoperto che, tramite la musica, si creano connessioni incredibili e spendere soldi per produrre la musica di un altro non è uno spreco, ma anzi è un investimento nel futuro. La prossima release che uscirà su Flexi Cuts sarà di una band polacca, trip hop sperimentale, molto interessante i Sarmacja. Un album remix confezionato con artisti che stimo molto. E’ gia disponibile il pre-order.
Tra gennaio e febbraio dell’anno prossimo uscirà l’album di un collettivo di Bologna, e in primavera un 12” EP di un DJ di Berlino più groove e house. Un sacco di bella musica.

Come vedi la situazione attuale del clubbing in Italia?

In generale io sono un po’ disfattista. Non credo che in Italia ci sia mai stata la struttura sociale, culturale e le energie per risanare il clubbing. Non c’è coesione, o comunque non dove servirebbe.
Nell’ultimo periodo ho visto tanto buonismo, ma poi quando si è trattato di parlare con le istituzioni e alzare la testa guardarsi negli occhi, è mancata una vera occasione.
L’unico che poteva farcela era Claudio Coccoluto che riusciva a mantenere insieme dei mondi fatti anche di moda, salotti e micro-cosmi come Milano, Napoli e Bologna. Citando il grande filosofo Galimberti, credo che per uscire da una situazione drammatica la soluzione non sia riflettere, ma agire. Io sono un grandissimo amante del pensiero provinciale e credo fortemente che si debba sostenere la località in cui si vive.

Ogni fine è un inizio - Relative
Relative durante un dj set

Non serve avere un club che fa duemila persone ogni sabato sera, ma uno o più locali che propongono buona musica anche nei luoghi più piccoli. Serve dare spazio ai resident e alle band locali per creare coesione, sviluppo, crescita e cultura.
Qualcosa del genere lo avevamo fatto qui a Lugo con il Lughè, un club che purtroppo ha chiuso con lo tsunami della pandemia. Serate incredibili dove eri a due passi da casa, ma veramente underground. Sono sicuro che avverrà questo cambiamento, prima o poi. Le discoteche, per come le ho vissute io, non esistono già più e questa è una cosa che le istituzioni non capiscono. Anche perché nessuno glielo dice. Il Covid poteva essere una buona occasione per cambiare le cose, speriamo non sia del tutto persa.

Link utili: Relative / Flexi Cuts / Flexi Dischi

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