C’è chi fa musica per hobby, chi per sua fortuna riesce a camparci, c’è chi la fa anche per una sana dose di narcisismo e per volersi un po’ sentire come “i grandi”. C’è chi poi fa musica perchè ha passione, quella vera che si accompagna spesso e volentieri a una cultura vastissima di quello che è comunemente definito il “panorama” musicale.
Intervistando Norf (nome d’arte dietro cui si cela Emanuele Franchetto) ho avuto proprio la sensazione che lui appartenga a quest’ultima categoria. Dal modo in cui nomina gli artisti che lo hanno influenzato e lo influenzano al bisogno che nemmeno lui nasconde di costruirsi il proprio percorso e di non diventare un “tribute act”.
Persino la cura (e pure l’ironia) nel rispondere alle domande che gli ho fatto mi hanno fatto capire quanto per lui la sua musica sia una cosa seria e sincera. Ringrazio Ema perchè oltre ad avermi rilasciato un’intervista ricca di argomenti, mi ha offerto un punto di vista sul modo di fare musica che oggi penso sia raro trovare in giro.
Ciao Ema! Per chi ti scopre oggi sei “solo” Norf; chi invece, come me, ti ascolta e segue già da qualche anno, ti ha conosciuto come Northward. Due moniker, come usa dire, per i tuoi due album fino a qui. Ci dobbiamo aspettare un ulteriore cambiamento in vista di una prossima release?
Ciao! Certo, il cambiamento in qualche modo c’è sempre, lo cerco costantemente fino allo sfinimento: per ogni release voglio assicurarmi di migliorare su ogni aspetto – dall’artwork e relative grafiche che gravitano attorno alla musica, alle idee alla base dei pezzi, alla composizione e alla cura dei suoni, ai video. Credo sia fondamentale, ogni traccia che riesco a portare a termine è poi valutata in confronto alle cose precedenti che ho fatto uscire, voglio in tutti i modi portare avanti qualcosa di coerente negli anni senza però rischiare di ripetermi.

La prossima release è un distacco bello netto.. i pezzi sono più scheletrici in quanto ad elementi e arrangiamento, le strutture più solide e ben definite, si avvicina ad un’idea più ‘pop’ ma assolutamente distorta e molto più aggressiva, pezzi belli potenti ma ragionati fino all’ultimo dettaglio. Ho tante idee da mettere in pratica e ci sto arrivando un po’ alla volta. L’artwork c’è, come anche una manciata di pezzi, sono sulla strada giusta.
Da fuori mi hai sempre dato l’impressione di uno che guarda prima alla “sincerità” di ciò che fa e poi, secondariamente, a come venderlo. Non nel senso che non vendi bene la tua musica, anzi, semmai che privilegi la qualità a scapito di roboanti campagne di marketing. Ti ritrovi in questa fotografia oppure no?
“Ho il timore che al giorno d’oggi risulti tutto un po’ troppo legato a numeri e placement su playlist. Forse ho ancora un’idea troppo romantica di come funzionano le cose.”
E’ una cosa che trovo parecchio complessa, il mio obiettivo principale è quello di portare a termine progetti, dischi e release che io stesso possa trovare ‘sinceri’ e onesti, ma questo poi si scontra anche con la necessità di dover promuovere la musica, aspetto su cui faccio fatica, perchè mi interessa solo fino ad un certo punto, a mio svantaggio.
Sarà per come sono fatto io, ma ho il timore che al giorno d’oggi risulti tutto un po’ troppo legato a numeri e placement su playlist a cui non voglio partecipare, non perchè mi ritenga superiore, ma è perchè forse ho ancora un’idea troppo romantica di come funzionano le cose, probabilmente incompatibile con le dinamiche reali.
Ci sono una serie di etichette su cui mi piacerebbe molto pubblicare, a cui giro costantemente mail quando mi ritrovo con materiale nuovo tra le mani, anche grazie ad alcuni amici che mi hanno aiutato e spronato tanto negli anni fornendomi contatti e tanti suggerimenti. Credo che il prodotto che porto nel mio piccolo non risulti ancora sufficientemente ben curato, non solo dal punto di vista musicale.. forse nel complesso non ci sono ancora arrivato: trovo bisogni solo continuare ad impegnarsi, magari arriverà anche la consapevolezza di come preparare progetti completi che risultino interessanti anche agli occhi di chi si occupa di musica per lavoro.
Parlando del tuo approccio alla produzione, ci sono delle costanti oppure preferisci prendere ogni volta delle strade diverse?
Negli anni sto imparando un po’ alla volta a piegare la creatività al servizio delle idee: se inizialmente (come in Fuochi Fatui) i pezzi erano meno ‘ragionati’ ed erano puramente un lavoro di sampling e manipolazione, ora credo di riuscire a partire da un’idea che ritengo valida per poi dare la forma che voglio io ai pezzi, che è un po’ quello che ho cercato di fare con Laika e con il progetto a cui sto lavorando ora.
(Ascolta qui ‘Laika’; continua sotto)
Ciò non significa assolutamente che nell’intero processo io sia 100% consapevole di quello che faccio, ci sono tanti ‘happy mistakes’ che si manifestano e che portano i pezzi a prendere una piega differente da quella che mi ero posto di seguire, ma sto cercando di costruirmi un approccio e un metodo in modo tale da essere in grado di capire cosa può funzionare per la mia musica e cosa invece no, per lavorare poi di conseguenza.
Una cosa che mi piace sempre fare e che ritengo fondamentale è partire da campionamenti.. su Laika alla base dei pezzi c’erano molti samples di pianoforte, mi piaceva l’idea di portare qualcosa di acustico e farci scontrare sopra vocals r&b completamente destrutturate e batterie trap. La ritenevo un’idea un po’ assurda ma alla fine sono riuscito a chiuderci sopra un disco, nel mio piccolo mi ha dato tante soddisfazioni come cosa.

Sulle cose nuove continuo a campionare ma il sampling si è ridimensionato, viene usato puramente come base di partenza e per dare fondamenta sicure al pezzo, è un po’ un paracadute che so di poter utilizzare sempre quando necessario. Poi gli abbinamenti a volte sono così assurdi che non ne riesco a fare a meno, frazioni di secondo di sezioni di Arvo Pärt con adlibs di Tory Lanez sopra, dai, è una mina solo a pensarci.
Da dove provengono le tue influenze e quanto è importante per te che che queste emergano all’interno dei brani che scrivi?
Ho iniziato a fare musica pensando proprio a come certi artisti avrebbero suonato se messi insieme. Io voglio costruirmi qualcosa di mio che suoni nuovo e sincero.
Le influenze sono importantissime.. vorrei poter dire il contrario, ma ho iniziato a fare musica pensando proprio a come ‘artista x’ e ‘artista y’ avrebbero suonato se messi insieme. Sono sicuro ci siano artisti con così tanto talento e skill da riuscire a creare da zero qualcosa che suoni nuovo, ma per me invece è una costante lotta per evitare che le influenze prendano il sopravvento: bisogna ridimensionarle e comprenderle, in qualche modo, capire cosa può funzionare e dove – ‘paying dues’ sempre e comunque, ma cercando di muoversi poi oltre.
La vera sfida è captare il modo in cui Shlohmo costruisce le proprie linee di synth attorno alle voci, capire come Tim Hecker utilizza la distorsione senza che questa risulti travolgente, individuare quali sono gli spazi da lasciare per far sì che le batterie funzionino come nei pezzi di DJ Rashad, evitando però che tutto questo risulti un omaggio sin troppo evidente.

Non voglio finire come un tribute act, sono qui per costruirmi qualcosa di mio che suoni nuovo e sincero, ma è un processo che richiede tempo e tanta tanta fatica e sudore, almeno nel mio caso.
Le influenze quindi sono tante e varie, cerco di non legarmi solo al mondo della musica ma mi faccio ispirare un po’ da tutto quello che mi appassiona. Ultimamente sono incredibilmente preso bene con le sfilate di designer come Raf Simons ma anche Maison Martin Margiela; negli ultimi pezzi a cui sto lavorando sto cercando di costruire vere e proprie colonne sonore che mi piacerebbe far funzionare in contesti di questo genere. Guarda per esempio Cortini che ci è riuscito con Fendi, incredibile, due mondi opposti che si incontrano e risultano perfettamente compatibili.
Se tu avessi la bacchetta magica e potessi fare domani una collaborazione con chi ti pare, chi sceglieresti e perché?
Questa è una domanda sempre difficile, ti sparo qualche nome e ti do le motivazioni poi: Cuushe, Darkstar, Jacques Greene.
Ti menziono Cuushe per la sua voce, incredibile mix shoegaze/pop dal Giappone, ogni disco che fa è meglio del precedente. Mi piace molto la scena UK, un lavoro incredibile è stato l’ultimo disco dei Darkstar, essenziale ma intimo e con un’anima da clubbing grazie a quella deriva 2-step/garage che li caratterizza da sempre. Jacques Greene te lo menziono perchè a dire il vero l’intero roster LuckyMe mi ha sempre fatto impazzire.. uscite curate su ogni livello, grafiche/artwork, font, direzione artistica generale, oltre che musica impeccabile, perfettamente consapevoli della loro posizione nel mercato discografico ed in grado di sfruttare ogni vantaggio che hanno a loro favore. Spero di arrivarci anche io un giorno!