In principio era il suono: Valerio Orlandini

In principio era il suono: Valerio Orlandini

Le forme di vita prima e dopo di noi, mantra buddhisti e il “deep learning“; Syntagmata ripercorre l’evoluzione delle specie viventi e immagina un futuro artificiale

Immaginate di avere la possibilità di ripercorrere l’intera evoluzione delle specie viventi del pianeta in una manciata di minuti. “Biomaton”, la traccia con cui si apre l’ultimo album di Valerio Orlandini, Syntagmata, è, un riassunto sonoro in tal senso. Un condensato che, dalle prime e più semplici forme di vita, i batteri, arriva fino a quelle animali e anche oltre. Linneo nel diciottesimo secolo raggruppava, nella sua opera Systema Naturae, gli esseri viventi all’interno dei tre “Regni”, Vegetabilia, Animalia e Mineralia. Tale sistema tassonomico fu poi, nei secoli a venire, più volte revisionato e ampliato. Oggi una delle classificazioni a cui si fa maggiormente riferimento per gli esseri viventi è quella di Cavalier-Smith, il quale li suddivide in sette regni.

Valerio Orlandini ripercorre, negli undici minuti di “Biomaton”, l’evoluzione sulla Terra dai primi batteri alle forme di vita attualmente presenti sul pianeta. Ciascuno dei sette regni tassonomici (Bacteria, Archaea, Protista, Chromista, Funghi, Piante e Animali) è rappresentato da un diverso modello di generazione del suono, i cui parametri sono controllati da un complesso schema di automi cellulari. Per realizzare ciascun suono, Valerio ha utilizzato diverse tecniche di sintesi e di manipolazione tramite Max/MSP, rielaborando il tutto in una chiave artistica personale. 

In principio era il suono: Valerio Orlandini

Il suono al centro di riflessioni filosofico-spirituali

Syntagmata pone il suono al centro di una riflessione che esula dalla sua esclusiva manipolazione; le molteplici tecniche di sound design sono l’humus per ragionamenti e quesiti filosofici e spirituali.

Noi, in quanto esseri viventi, abbiamo bisogno del suono. Tale necessità risponde in primis ad una questione evolutiva a cui, parallelamente, si è andato affiancando un altro bisogno, intellettivo, tradotto in un diletto sensoriale. Eppure, il suono ha bisogno di noi? In quanto fenomeno, esso è in grado di “produrre un mondo autosufficiente”. Intorno a tale assunto si sviluppa “Parthenogenesis”. Il titolo della traccia, di dodici minuti abbondanti, allude per analogia, alla capacità della femmina di alcune specie di riprodursi senza bisogno di essere fecondata. Il carattere intrinsecamente libero e privo di vincoli di tale atto, si traduce in altrettanta libertà creativa ed estetica attraverso la sperimentazione di diverse tecniche di sound design. 

Fermarsi, contemplare, vivere

Con il termine Maraṇasati si intende una pratica di visualizzazione buddhista volta a ricordare all’individuo la caducità del suo corpo terreno e, quindi, la costante presenza della morte. Attraverso dei mantra, la persona pensa alla morte, non tanto in astratto, ma, più propriamente, contempla i diversi momenti della decomposizione di un cadavere. L’obiettivo è, appunto, ricordare a se stessi l’ineludibile presenza della morte e, conseguentemente, prenderne consapevolezza al fine di essere presenti nel momento attuale e liberarsi da ciò che rappresenta una distrazione. Per quanto possa contenere elementi apparentemente truci, “Maraṇasati”, è uno stimolo di riflessione molto interessante che sottolinea quanto l’aspetto forse più naturale della nostra esistenza, la morte, sia cancellata quotidianamente dal nostro raggio visivo, così saturo di altre “urgenze”.

Attraverso la manipolazione di oggetti sonori, il cadavere viene trasformato in suoni che si decompongono gradualmente. Estremamente stimolante ascoltare il flusso sonoro, dapprima più distinguibile e che diviene via via più omogeneo e rarefatto fino a svanire nel nulla. 

Deep learning, universi sintetici e vita artificiale

A ciascuno di noi, testimoni di un’epoca di crescente automazione e sviluppo tecnologico, non ultimo nel campo delle AI, è capitato di immaginare futuri distopici governati da macchine talmente progredite da relegare l’essere umano in una condizione di sudditanza. Non mancano, da decenni, esempi cinematografici che ruotano attorno a un simile immaginario. “In Silico” si presterebbe benissimo ad essere la sceneggiatura di una pellicola incentrata sul concetto del “deep learning”. Si tratta, in poche parole, di un sistema di calcolo estremamente approfondito basato su strati, in grado di elaborare enormi moli di dati e di progredire agli strati successivi in maniera sempre più completa.

Il protagonista è una vita artificiale che inizia a muovere i primi passi, relazionandosi con i propri simili. In seguito approda in un universo interamente sintetico, il quale, però, è incompleto e manca di stabilità al punto di arrivare al collasso. Attraverso vagiti digitali, violini e persino campane, la traccia culmina in un amalgama sonoro acquoso, sinonimo di una nuova vita che origina dalle ceneri della distruzione precedente. 

Valerio Orlandini è un musicista e compositore fiorentino attivo nell’ambito della musica elettroacustica e industrial/ambient. Ha pubblicato il suo ultimo album Syntagmata il 26 febbraio 2021.

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