Viaggio nella galassia oscura di Paolo Bellipanni
Radiance, ovvero bagliore, luminescenza. Luce e dunque vita.
È questo il titolo del nuovo album di Paolo Bellipanni uscito lo scorso 14 settembre su Eklero.
Il producer e sound designer romano, dopo aver realizzato due album sotto lo pseudonimo K’an, sceglie il proprio nome di battesimo per pubblicare il suo ultimo lavoro.
Una galassia popolata di costellazioni noise, dark e ambient
Radiance è un album intenso, costruito sopra strutture melanconiche e impreziosito da una meticolosa ricerca sonora.
Si sentono eccome i virtuosismi all’insegna del sound design, ma Radiance colpisce prima di tutto per una spontanea immediatezza.
Fin dall’apertura dell’album, il trittico Blood Radiance, pone in uno stato di attonita contemplazione di qualcosa di immenso.
Le prime tre tracce dell’album riescono a trasportare in una galassia popolata di costellazioni noise, drone e dark ambient. Il viaggio procede verso luoghi lontani, trascinati dall’eco di strumenti etnici che richiamano tradizioni e culti dimenticati, o forse non ancora nati.
L’album è pervaso dal desiderio di creare contrasti e sovrapposizioni fra panorami tetri e squarci di una delicatezza estrema.
È questo il caso di Illumina: una melanconica melodia al pianoforte che viene dissipata dalla voce glitchata di un bambino che ride con la madre.
O di Violet Violent, il cui titolo è di per sè un ossimoro, che si sviluppa attorno alla giustapposizione di noise e archi etnici e che culmina in una echo frastornante.
Un viaggio non lineare per arrivare al bagliore finale
Altro elemento preponderante nel lavoro di Paolo le ricorrenti le sezioni in reverse, oniriche e a tratti distopiche. Si ha la sensazione che il racconto temporale lungo cui si sviluppa tutto Radiance non sia lineare. Procedendo nell’ascolto, ci muoviamo lungo un sentiero che è costeggiato di zone d’ombra e a tratti oscuro. Eppure avvertiamo una tensione verso un bagliore finale: c’è una dimensione trasfomatrice latente.
L’impellenza per proseguire lungo questo cammino sembra essere il liberarci in maniera dirompente e violenta di un qualche antico retaggio.
Lo facciamo con Abita e Vulgar Lips Fracture: due tracce permeate di forza distruttrice che rappresentano questo punto di rottura.

L’oscurità lasciata alle spalle permette di osservare dinanzi a noi degli spiragli luminosi. A Sharing Demons, la traccia migliore dell’album, si affida il compito di dipanare con lughe note di pad la nube di rumorosità latente.
L’album culmina nell’ascensione in un iperuranio pervaso di una sensazione di leggerezza. L’atmosfera rarefatta di Opus Nigrum apre alla chiosa di Industriale Morendo, la traccia conclusiva che sa di monito e speranza. Per un mondo che volge al termine spegnendosi a poco a poco, ce n’è uno nuovo pronto a nascere.
In Radiance Paolo Bellipanni è abile a dare forma sonora all’oscurità intrisa in un mondo in decadenza. Il suo è un album che racconta il tempo presente lasciandone emergere le violente contraddizioni e che offre uno sguardo a un futuro non lontano. Ciò che si apprezza maggiormente del lavoro di Paolo è la capacità di far coesistere sonorità anche molto diverse entro un flusso musicale armonioso che non stanca, ma anzi cattura.