Andrea Agosta: le reminiscenze rave abbracciano una nuova spiritualità

Andrea Agosta: le reminiscenze rave abbracciano una nuova spiritualità

Recensione di “Worship”, il nuovo EP del produttore emergente Andrea Agosta uscito il 2 dicembre su Isulafactory. Nel suo disco Andrea si rifa a sottogeneri culto dei 90s proponendoli alla luce di nuove chiavi di lettura. Worship è un invito a intraprendere un percorso interiore per ritrovare forme inedite di spiritualità.

Non è raro che la musica elettronica sia portatrice di messaggi legati alla contemporaneità. Forse per la sua intrinseca natura totalmente – o quasi – strumentale, questo macrogenere sa, meglio di altri, suscitare riflessioni sul presente. Dalla crisi climatica all’ascesa delle intelligenze artificiali, dalla crescente pervasività delle tecnologie al progressivo allontanamento dalla natura le narrazioni non mancano. 

L’ultimo disco di Andrea Agosta nasce con l’intento di proporre una chiave di lettura alternativa al cinismo e al materialismo che contraddistinguono la nostra epoca. Le cinque tracce di “Worship” sono concepite come un percorso tra il sensoriale e lo spirituale terminato il quale l’ascoltatore si desta con rinnovata consapevolezza.

L’Ep sembra incarnare una doppia anima, come due facce dell’umano essere-nel-mondo la cui convivenza si muove fra antitesi e mutua necessità. Una componente frenetica e quasi distopica ha il suo contraltare in momenti di maggiore sospesa distensione. Gli umori e gli stati d’animo si alternano anche grazie alla giustapposizione ragionata delle tracce, facendo oscillare vorticosamente l’ascoltatore fra reminiscenze rave e contemplazione di paesaggi sonori.

Andrea Agosta: le reminiscenze rave abbracciano una nuova spiritualità

Worship si apre con Hymn, traccia dal titolo non scontato, e con quelle che sembrano risuonare come delle sirene. Si tratta del preludio a un’incalzante ritmica in 4/4 accompagnata da bassi avvolgenti, pad cinematografici e sample che ricordano il miglior Moby. Nirvana ci catapulta indietro di una trentina d’anni attraverso una Electro-House massiccia che, appresa la lezione di artisti come Luke Vibert e Mike Paradinas, incontra più moderne rievocazioni alla Two Shell.

Le atmosfere da “warehouse” lasciano spazio ad arpeggi ovattati e ritmiche irregolari in Pyramids, brano dalle tinte IDM che avanza in un crescendo di tappeti sonori psichedelici prima che un improvviso break ci faccia riatterrare entro panorami deliziosamente Ambient. Their Blood spezza la quiete e lo fa imponendosi con una struttura UK Garage che irrompe nelle nostre orecchie come una cannonata fra incursioni che dall’Acid-House lambiscono la Trance.

A Dust, personalmente la traccia più densa ed evocativa, è affidato il compito di concludere la breve epopea di Worship. Andrea si affida a un ritmica ridotta all’osso che si distende su scuri e malinconici pad. Le bizzarre evoluzioni dei synth creano un paesaggio etereo e desolato che il titolo della traccia riesce in effetti a descrivere alla perfezione.

Con il suo disco Andrea Agosta si dimostra abile ad attingere a un background di sottogeneri cult di fine secolo scorso senza scadere nel semplice citazionsimo. Worship appare invece un lavoro ben concepito non solo nella scelta dei suoni e negli arrangiamenti, ma anche nella sapiente disposizione delle tracce. L’alternarsi di zone ad alta intensità ritmica con altre prive di beat si rivela la bussola con cui ci addentriamo nell’ascolto. Andrea ci impone di non stabilizzarci mai su unico tono emotivo, ma anzi di fare un continuo esercizio di accumulo e rilascio della tensione. Una pratica che Worship sa rendere spontanea lasciandoci a fine ascolto piacevolmente inebriati come al termine di una sessione meditativa.

Worship di Andrea Agosta è uscito il 2 dicembre su Isulafactory. Puoi ascoltare il disco qui e seguire Andrea sul suo profilo Instagram.

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